Il futuro di Italia contro Germania

Il futuro di Italia contro Germania
Tonino D’Orazio, 24 ottobre 2015.

L’eurocentralità del pangermanismo sta isolando l’Italia, centrale e del sud, portandola ad una semplice appendice in mezzo al Mediterraneo. Utilizzando al massimo tutti i cospicui fondi europei previsti fino al 2020 (anche i nostri che non sappiamo spendere) e, ovviamente, una volta la strutturazione assodata e senza ritorno, anche e soprattutto oltre questo periodo. Per il futuro.
Vi sono a questo scopo tre enormi progetti-programma che si chiamano macro-regioni, che raggruppano alcune nazioni. Ne sono attivati (già nell’orbita tedesca) quella del Baltico e quella del Danubio, il terzo è quello Adriatica-Ionio (Eusair). In realtà tutti riconducibili ad una massima geopolitica di germano-centralizzazione. Il prossimo progetto riguarderà la macro-regione Alpi, con un convitato di pietra che si chiama la sempre più xenofoba e terrorizzata Svizzera.
Quella che ci interessa in modo particolare riguarda la nostra macro-regione, formata da quattro paesi UE (Italia, Grecia,Slovenia, Croazia) e quattro extra-Ue, (Bosnia, Serbia, Montenegro, Albania) ma prossimi ad essere attirati nell’orbita. A parte noi, si tratta di inglobare in toto i Balcani. Fin qui si capisce l’attitudine europea di continuare ad integrare e in un certo modo a dividere i popoli slavi dal resto dell’est.
Tutte le nuove infrastrutture del programma, al quale “devono” essere finalizzati e raggruppati tutti i fondi europei già disponibili sul territorio, si rivolgono soprattutto ai Balcani. Come per esempio nuove autostrade trans-balcaniche riconducibili (da Grecia o Turchia) a Slovenia-Austria-Germania-Polonia. Compresi ovviamente trasporti, mobilità e nodi di reti di energie. Se si pensa ai gasdotti provenienti dalla Russia, potrebbero non arrivare più in Italia, risalire i Balcani, rimanendo noi sui precari gasdotti libici e futuro energetico.
Allo stato attuale questo enorme corridoio balcanico si fermerebbe, per noi, a Ravenna e non andrebbe oltre, se non con i nostri fondi strutturali italiani d’investimento (sic!), che in un periodo come questo lascia molti dubbi di prospettiva. Diventerebbe un punto di incontro con la dorsale (Portogallo e Spagna sono ancora molto indietro nelle infrastrutture) Barcellona, Marsiglia, Genova (o Alpi e Torino) e nord Italia. Rimane insomma molto attrattivo il porto di Trieste, da sempre punto di snodo di Austria e Germania verso il Mediterraneo tramite l’Adriatico. Interessante tener conto, con il già funzionante raddoppio del Canale di Suez, l’importanza acquisita dal mare Adriatico come autostrada del mare verso il centro e il nord-est europeo. Si tratta di vedere quali porti secondari diventeranno internodo o scalo, tenendo conto che l’Adriatico, costa balcani, ha più “pescaggio” e vi verrebbero sicuramente strutturati nuovi porti più moderni e attrezzati. A meno di farli comperare e attrezzare dai cinesi che hanno capito tutto e forse il Pireo non basta. Le coste italiane hanno fondali più bassi e sono purtroppo più appetibili per le trivellazioni petrolifere.
Si capisce che l’inter-scambio commerciale europeo più conveniente, se non il futuro, per l’Italia sia verso i paesi dell’est, i Balcani, compresa la Turchia, la Russia, se non il medio-oriente, mercati “aperti” e in “progress” se scoppiasse la pace. Il nord Africa è ridotto in una situazione di regresso impressionante, ma “democratico”, dai pesanti interventi militari ed economici degli anglo-sassoni e per anni non ne avremo che flussi di migranti. La macro-regione, comunque, comporta interventi nello Ionio, cioè lo specchio di mare che va da Taranto a Trapani, di fatto, un innesto per il futuro di una seppur lontana macro-nazione del Mediterraneo.
L’importanza dell’est l’hanno capita soprattutto il Piemonte e la Toscana (area tirrenica che attende invano il completamento del 5° corridoio europeo), regioni non confinanti ma diventate molto attive nella programmazione di Adriatico-Ionio. Anche il Montenegro, (popolazione metà dell’Abruzzo, 680.000 ab.) che con un chiaro aumento del Pil del 4/5 % l’anno, pur utilizzando già l’euro unilateralmente (!) e non avendo ancora aderito alla Nato, fa transitare liberamente dal loro porto principale Antivari, tutte le merci che “clandestinamente” superano l’embargo europeo verso la Russia. Quando si dice che le merci passano dappertutto e gli uomini no e nemmeno di forza! E’ pur sempre la “bellezza” del libero mercato senza regole.
Quest’area, in evidente protagonismo alla quale dobbiamo avvicinarci con progetti finalizzati e di solidarietà, rimane l’ultimo punto forte dell’Italia in Europa e, se glielo permettono, il proprio rilancio e il ricentramento del Mediterraneo e dei popoli rivieraschi.
Purtroppo i paesi balcanici si stanno avvicinando velocemente ai diktat e alla “normalizzazione” voluti dalla troika, pur di “entrare” nel giusto sogno di appartenenza europea, con le privatizzazioni delle ultime imprese pubbliche e dei servizi, ma anche delle micro imprese, abbracciando così, per il futuro, le logiche dell’austerità, in paesi già strutturalmente deboli e facili “prede”. La macro-regione Adriatico-Ionio, tra l’altro gestito dai vari Ministeri Affari Esteri e Commissione Europea censori di eventuali “deviazioni” al progetto, e poco niente dalle regioni che hanno un ruolo in fondo applicativo delle decisioni, pur sempre nell’ipocrisia del protagonismo, servirà anche a razionalizzare e sfruttare, diciamo colonizzare, i nuovi venuti, per cui una presenza politica delle regioni, almeno un po’ critica, che passi da progetti dal basso, può risultare di interesse preminente. Alle politiche di austerità o ci si adegua oppure si cercano comunque soluzioni critiche di partecipazione democratica o di contrasto. La Grecia insegna.
Insomma, se rimane un bene l’integrazione di questi popoli nella comunità europea, fatta salva la stupida idea di dividerli per religione e etnie dal mondo slavo in generale, cioè in funzione anti Russia e con ineluttabile inglobamento e sottomissione Nato, bisogna chiedere loro, anche con il nostro aiuto, di essere forti e critici nelle loro rivendicazioni di “avvicinamento” e capire meglio, anche per noi, l’importanza di collegamento della loro posizione geopolitica con tutta l’area ad est dei loro paesi e che rappresenta, in fondo anche per loro, una vera opportunità di sviluppo.
Il nostro sicuramente passa, se svincolati dal servilismo alla Germania che ci caratterizza con evidenza da almeno un paio di lustri, attraverso il rilancio della nostra posizione nel Mediterraneo e verso nuovi orizzonti possibili.

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